I talebani sono l’esempio tragicamente lampante di quanta differenza ci sia tra l’essere umano tecnologico e quello progredito dal punto di vista dell’intelligenza emotiva.
Viviamo un tempo di forti innovazioni tecnologiche, chi più chi meno sa usare lo smartphone, internet, i social. Siamo ovunque, qui, lì, dall’altra parte del mondo, in tempo reale. Siamo figli e protagonisti di uno sviluppo incredibile ma analfabeti e fermi a migliaia di anni fa dal punto di vista della realtà reale, dalla capacità di raziocinio e di gestione delle relazioni con gli altri partendo da se stessi. I talebani, scrivevo, ne sono la forma estrema di questa dicotomia tragica e pericolosa. Sanno usare benissimo la tecnologia a disposizione, quantomeno la cosiddetta classe dirigente, eppure il loro animo, la loro mente sono chiusi in un buio antico, senza di vie di uscita. Lo sviluppo dell’essere umano non seguito dal progresso del suo modo di vivere e di esserci su questa terra. Talebani, a modo nostro rischiamo di essere anche noi, in questi Paesi europei e liberali. Siamo fortunati di essere nati e cresciuti qui, liberi di esprimere il nostro pensiero e il nostro modo di essere senza che qualcuno venga a prenderci a casa e farci scomparire. Conosciamo bene la tecnologia, eppure siamo ignoranti o deficitari dal punto di vista emozionale. L’intelligenza emotiva non si sa neanche che cosa sia, soprattutto noi uomini, non la si allena e poi se ne vedono le conseguenze, a volte tragiche. Discutere con i talebani è semplice dal punto di vista tecnologico, impossibile dal punto di vista mentale. Il loro buio è profondo, angosciante e senza vie di uscita.
Noi invece possiamo crescere e trovare la luce ma lo si deve fare sin dalla scuola in cui anche i docenti devono esserne consapevoli perché se il loro buio avvolge anche i bambini e i ragazzi, allora lo sviluppo continuerà a non essere accompagnato e avvolto dal progresso e non sarà un bella cosa.
